JERRY WEST – MISTER LOGO

Beh, per gli appassionati di basket, specie per gli over, quella di Jerry West non è una storia qualsiasi, né una novità. E’ una leggenda.

Ma anche le leggende nascondono qualche curiosità. Ed è sempre utile tramandarle.

 

Iniziamo dall’icona, Jerry West.

Perché icona?

Perché anche chi non l’ha mai visto giocare, anche chi non conosce il nostro sport e non conosce affatto Jerry West, in realtà… conosce il basket e Jerry West.

O meglio la sua sagoma.

Caso più unico che raro (l’altro, coincidenza…, è un mito del basket, Michael Jordan e la sua schiacciata, divenuti brand mondiali per Nike), la sagoma di Jerry West in azione è infatti divenuta marchio inconfondibile, bianco su sfondo blu e rosso, della NBA, simbolo sportivo universale non solo per i tifosi della pallacanestro.

Jerry West, Mister Logo.

Ma su questa parte, per alcuni aspetti controversa, torneremo più avanti.

 

Le strade di Jerry West e del basket si incrociano presto. Frequenta la West Virginia High School dal 1952 al 1956 ed è subito chiaro che il destino di quel ragazzo è diventare un mito. Nominato All-State dal 1953 al 1956 e All-American nel 1956, anno in cui vince anche il West Virginia Player of the Year, Jerry West diviene il primo giocatore della High School a segnare più di 900 punti in una stagione con 32,2 di media a partita. Conduce la East Bank alla finale statale, sempre nel ’56, e a ricordo del suo fenomenale campionato, la scuola ogni anno, nello stesso giorno della finale, cambia il suo nome in West Bank. Quando è scritto che sarai un simbolo… .

 

Al college gioca alla West Virginia University dal 1956 al 1960 e viene inserito nell’All-Southern Conference (1958-1960), nell’All-American Second Team (1958), e nello Sporting News All-America First Team (1959-60). Chiude la carriera universitaria con 24,8 punti e 13,3 rimbalzi a partita, cifre astronomiche, specie all’epoca, per un play. In quegli anni vince con la nazionale i Campionati Panamericani nel 1959 e l’oro olimpico a Roma nel 1960.

Arrivato in NBA, West diviene uno dei giocatori-franchigia per eccellenza. La sua intera carriera, dal 1960 al 1974, è con la mitica canotta giallo-viola dei Los Angeles Lakers.

Anche da pro, nonostante il ruolo di playmaker e compagni frombolieri come Elgin Baylor, West incanta non solo per la regia, ma anche come realizzatore e difensore. Miglior uomo assist nel ’71-‘72, infatti per 4 stagioni supera i 30 punti di media partita, vince nel ’69-’70 la classifica marcatori e nel suo ultimo anno, il 1974, il primo in cui l’NBA inserisce come statistica le palle rubate, è il primo giocatore a farne registrare 10 in un solo incontro, un record.

Le cifre della sua carriera da giocatore professionista sono:

25.192 punti, ovvero 27 di media a partita, 6.238 assist, 1 titolo NBA, 1 MVP Finals (primo a riceverlo pur appartenendo agli sconfitti Lakers, contro Boston), 1 MVP All Star Game, 15 convocazioni all’All Star Game, 10 nomination nel Fisrt Team All NBA, 4 nomination nel First Defensive Team NBA.

Inserito nella Basket Hall of Fame nel 1980, la sua maglia numero 44 è stata ritirata sia dai Lakers che dalla sua università di West Virginia.

 

Dopo qualche anno come allenatore dei Lakers, in cui ottiene per tre volte l’ingresso ai play-off, nel 1982 Jerry West comincia la carriera da dirigente, più lontano dai riflettori, ma incredibile quanto la sua storia sul campo. Viene infatti nominato general manager dei Lakers e costruisce, consolida, rende immortale la squadra di Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar, James Worthy e tanti altri campioni. Con loro vince quattro campionati nel 1982, 1985, 1987 e 1988.

Dopo un periodo di rifondazione a inizio anni ’90, è West che vince l’NBA Executive of the Year Award (1995), quando i suoi Lakers ottengono di nuovo l’accesso ai playoff, ma soprattutto è lui che ha il merito di individuare in un giovanissimo Kobe Bryant la star del futuro e firmare il free-agent Shaquille O’Neal, gettando le basi per i titoli dei californiani negli anni 2000.

Nel 2002, una nuova sfida: i Memphis Grizzlies, tra i peggiori team NBA, lo assumono come direttore generale. West detta di nuovo la regia da par suo e nel 2004 la squadra tocca per la prima volta quota 50 vittorie stagionali, successo che gli vale il secondo titolo come NBA Executive of the Year.

Negli anni successivi, West continua la sua carriera da manager con successo: ai Golden State, dove si oppone allo scambio che avrebbe portato via da San Francisco Klay Thompson, e reclutando in prima persona Durant, a completare ancora una volta un team vincente e leggendario, poi come consigliere, ormai ottantenne, ai Clippers col compito di rifondare. Leonard e Paul George sono le sue perle, e finalmente la “seconda franchigia” di Los Angeles corre ora per il titolo.

 

Allergico ai social, alle mail e in generale ai media, West è la dimostrazione di come i più grandi non abbiano bisogno di autocelebrarsi, né di arrogarsi i meriti, ma sappiano condividerli, dimostrare il loro valore coi fatti e tenere sempre un profilo basso. A proposito del suo ruolo nei Clippers e dei suoi ultimi colpi di mercato ha recentemente affermato: “Credo che questo sia il ruolo perfetto per me: la gente mi chiede cosa penso e io do semplicemente la mia opinione. Non voglio essere una figurina: non ho l’ultima parola, dico solo la mia”.

Un atteggiamento che gli fa ulteriormente onore e che ci riporta all’inizio della storia, alla nascita di Mister Logo… .

 

Siamo a fine anni ’60 e la NBA non è il colosso finanziario dei nostri tempi, né l’unico riferimento di vertice della pallacanestro americana. Nel 1967 è infatti nata l’ABA (American Basketball Association) e la concorrenza fra le due leghe è spietata, col risultato che franchigie e giocatori fortissimi si dividono tra le due associazioni: in NBA i Lakers, i Celtics e campioni appunto come West, in ABA i Pacers, i Nets e ad esempio l’astro nascente Julius Erving, Doctor J.

Si decide allora che per il bene del movimento sia necessario un solo campionato professionistico e tra i criteri di scelta viene determinata la creazione di un logo, il logo perfetto che racchiuda il senso e l’identità del basket.

Sopravvive la NBA, come noto, nel 1976, ed ora è probabilmente la lega più forte e spettacolare di ogni sport, ma come si arriva a quel… logo?

L’onere di ideare un’immagine grafica immortale e che possa assicurare alla NBA la vittoria, viene affidato ad Alan Siegel, fondatore della società di branding Siegel+Gale. Sono decine le bozze, le prove, le idee, ma tutte inutilmente ancorate alla retorica stelle e strisce e alle immagini classiche del basket, sia negli studi NBA che ABA: palloni che volano con la scia a strisce biancorosse, un canestro stilizzato circondato da stelline, ecc.

Per trovare la giusta ispirazione, Siegel comincia allora una lunga ricerca spulciando ogni rivista di basket americana. Ancora nulla, nessun giornale riesce a far scoccare la scintilla, a indicare la giusta direzione da prendere.

Poi, finalmente, eccola: una foto che racchiude tutto, atletismo, velocità, fluidità di movimento. Siegel ritaglia la silouhette del giocatore in primo piano, la applica a un fondo blu e rosso. E’ il simbolo che cercava, quello della NBA che conosciamo tutti, oggi. E il giocatore nella foto è proprio Jerry West.

Siegel non lo svela, la stessa NBA si guarda bene dall’ammettere a chi appartiene la sagoma del suo logo, significherebbe riconoscere al protagonista milioni di dollari in diritti d’immagine. E West, come al solito, rimane umilmente al di fuori della polemica, se ne disinteressa e vive con fastidio le centinaia di domande che gli rivolgono i cronisti in merito alla faccenda.

Ma ormai è scoppiata la mania, per tutti, da allora, lui è Mister Logo.

Sono tante le immagini in cui si affianca una sua foto al logo NBA per cercare di confermarlo, la più diffusa lo vede con la maglia gialla dei Lakers in penetrazione, ma non è quella giusta… .

Basterebbe fare come Siegel, spulciare gli archivi delle riviste americane dell’epoca.

In un vecchio numero di Sports Review di fine anni ‘60 c’è Jerry West in azione.

Provate a ritagliare la sua sagoma. Provate a incollarla su uno sfondo blu e rosso… .

Magia?

No, è solo un playmaker. Solo un dirigente. Solo un uomo.

L’unico Mister Logo, Jerry West.